Ghiannis Ritsos scrisse Elena in un ciclo di monologhi dal tono discorsivo sul tema del mito, nei quali la memoria individuale del poeta si identifica con quella dei protagonisti, che si sottraggono fino alle ultime conseguenze a un destino governato dagli dèi.
Ritsos si ispira alla cultura classica, ma compie un’opera di profonda attualizzazione del mito, ridisegnandolo secondo tematiche e situazioni proprie della quotidianità contemporanea, rendendolo così vicino e condivisibile.
Elena era la moglie più bella del mondo, e Afrodite aveva promesso a Paride di dargliela se lui l’avesse eletta la più bella fra le dee. A causa sua scoppia la guerra di Troia, perché i Greci volevano riprenderla, mentre Paride la tratteneva in Asia Minore.
Dopo Troia, Elena torna da Menelao, ma la vita a Sparta è così noiosa, così di provincia:
“Mio marito aveva smesso di viaggiare, non apriva più un libro, fumava, era sciatto, parlava dell’infedeltà di Clitemnestra oppure di Oreste. Eppure mi mancò molto quando morì, mi mancarono le sue minacce, come se quelle mi impedissero di invecchiare.”
Elena è un fantasma tra i fantasmi, quelli del passato e quelli del presente; è una vecchia, pluricentenaria:
“Dovremo invecchiare molto prima di diventare giusti, il sereno distacco nei giudizi quando non avremo null’altro.”
I segni della sua antica bellezza si sono dissolti, il corpo è in disfacimento. Vive in una stanza decrepita disseminata di oggetti che risvegliano la sua memoria, a tratti confusa, con struggenti momenti di ricordo, che rianimano il suo passato glorioso e felice.
Per Ritsos, Elena personifica la convinzione che qualcosa si salva sempre da un naufragio, dalla distruzione totale:
“Là dove qualcuno resiste ancora senza speranza, forse lì rivive la storia, come la chiamiamo noi, e le bellezze umane, su quei tripodi in cui arde un po’ d’alloro e il fumo sale sfilacciandosi come il vello d’oro.”
Le parole di Ritsos, qui tradotte da Nicola Crocetti, sono così visionarie e potenti da possedere una straordinaria forza immaginifica.
Struggente e visionaria l’Elena di Troia che Ghiannis Ritsos ci offre: immaginariamente pluricentenaria, assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride, affronta i propri ricordi e l’arrivo della fine tra i pochi resti impolverati e sgretolati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e sprezzanti ancelle. Intorno a lei, i fantasmi di coloro che le dedicarono la vita fino alle estreme conseguenze. Con Mariangela D’Abbraccio, la bellezza di Elena sarà espressa come traccia di un’antica maschera, ancorata alla fine della vita come ultima e beffarda espressione di un’umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione del tempo e alla morte. L’Elena di Ritsos è la speranza, o meglio la consapevolezza (che è anche atto di fede del poeta) che qualcosa si salva sempre dal naufragio, dalla distruzione totale. Perché “Chissà – là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo.
Francesco Tavassi
ARTISTI
Mariangela D’Abbraccio – voce
Testo, Ghiannis Ritsos
Regia, Francesco Tavassi
AidaStudioProduzioni, distribuzione esclusiva